Opinioni Caeranesi

Mauro Marconato

L’illusione veneta
Il referendum di Luca Zaia ha avuto un successo innegabile.
Il quesito era il seguente: “Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”
Credo che nessun veneto, tranne forse qualche incallito meridionale trapiantato, avrebbe potuto rispondere di NO.
Sarebbe stata la stessa cosa anche se Zaia avesse proposto i seguenti quesiti:
– Vuoi che ai veneti siano abbassate le tasse?
– Vuoi che ai veneti sia aumentata la busta paga?
– Vuoi che i veneti vadano in pensione a 50 anni?
– Vuoi che i veneti…
Per questo, se fossi andato alle urne, avrei votato SI, essendo anacronistico ed impossibile votare NO.
Ma non sono andato a votare, perché non avevo chiaro che tipo di autonomia volesse Zaia.
Dopo il risultato elettorale, Zaia ha comunicato che il vero obiettivo non è la maggiore autonomia del Veneto, ma la sua trasformazione in regione a statuto speciale e la trattenuta del 90% delle tasse in Veneto.
Adesso la richiesta di autonomia di Zaia mi è più chiara e svela la sua furbata: aggirare la bocciatura del referendum sul Veneto come sesta regione a statuto speciale, decisa qualche mese fa dalla Corte costituzionale, e l’impossibilità per legge di proporre referendum di natura fiscale.
In realtà abbiamo assistito ad un falso che, secondo me, crea illusioni pericolose per gli stessi veneti ed ulteriori motivi di confusione e conflitto ad uno stato italiano già molto stressato ed in profonda crisi.
Queste dichiarazioni ed intenzioni posteriori hanno marcato una prima grande differenza tra Veneto e Lombardia, che non chiede uno statuto speciale ed anzi chiede di trattare col governo insieme all’Emilia Romagna, che il referendum non l’ha fatto, considerandolo inutile, e che ha già iniziato da tempo le trattative con Roma.
Poi ho sentito Brunetta dire che Forza Italia proporrà lo stesso referendum in tutte le regioni e Salvini dichiarare che adesso tutte le regioni potranno fare altrettanto.
Che bello! Ma cosa significa?
– Che tutte le regioni tratteranno in loco il 90% delle risorse?
E l’Italia dove va, in malora?
– Significa che diventeranno tutte speciali, come vuole Zaia?
Ma allora, se tutte le regioni diventano speciali, non diventano anche tutte normali?
Non saremo quindi punto e a capo?
Oppure significa che tutte le regioni diventeranno, mano a mano che faranno i referendum, come propone Brunetta, totalmente autonome (incamerando le 23 nuove possibili deleghe), cioè di nuovo tutte uguali?
Oppure alcune diventeranno più autonome di altre?
In questo secondo caso, in base a quali criteri: geografici, economici, storici, demografici…?
Mi pare un bel casino!
Ma vediamo come siamo arrivati a questo. Attraverso quali illusioni, come mi appare anche questa, e attraverso quali colpe o responsabilità.
Quando circa 30 anni fa la Liga Veneta portò in primo piano il tema dell’identità veneta, che ebbe la sua più colorita espressione nell’assalto al campanile di San Marco, fu la Lega Lombarda di Bossi e Maroni a fagocitare il movimento veneto dentro la Lega Nord, in nome della Padania e del Federalismo, teorizzato per un certo periodo, seriamente, dal politologo Miglio, in costruttivo dialogo anche con Massimo Cacciari.
Poi il sogno federalista fu sostituito dalla Secessione, che aveva il suo rito annuale  nell’altrettanto colorita cerimonia dell’ampolla d’acqua sul Monviso.
Tuttavia, nei diversi anni di governo del centrodestra, la Lega Nord, che ne faceva parte integrante, ha praticamente “tradito” il suo elettorato, attuando ben poche politiche secessioniste o anche solo federaliste.
L’unica politica, se non federalista, almeno autonomistica, l’ha fatta il centrosinistra, con la riforma del titolo quinto del 2001, che permette ora a 3 regioni di aprire, seppur con approcci diversi, una trattativa con lo stato per aggiungere ampi margini di autonomia e di autogoverno locale.
Ma dal 2001 al 2017 il centrosinistra se n’è completamente dimenticato ed oggi ne paga puntualmente le conseguenze.
Negli ultimi anni, poi, la Lega Nord, con Salvini, ha addirittura liquidato Bossi, secessione e federalismo, qualificandosi come partito nazionale, per acquistare voti anche al centro-sud, puntando su altre parole d’ordine: no ai profughi e sicurezza “armata” dei cittadini.
Adesso si apre una fase nuova?
E’ spuntato Zaia, il nuovo illusionista, mettendo l’asticella oltre i limiti del possibile, creando aspettative ed illusioni, come quella di fare del Veneto la sesta regione a statuto speciale o di trattenere il 90% delle tasse.
Spero di sbagliarmi, ma credo che sarà un nuovo e deludente gioco di prestigio, destinato a naufragare per l’alleanza di Zaia e dei leghisti, a livello nazionale, con Forza Italia e Fratelli d’Italia, che pescano tanti voti al sud ed in Sicilia in particolare.
Io credo che, più realisticamente, si dovrebbe aprire un discorso diverso e serio, al di sopra delle parti, che ha poco a che fare con il referendum veneto-lombardo: portare avanti l’esigenza di una seria riforma costituzionale che preveda, tra l’altro, la messa in discussione dell’attuale sistema regionale, superando le regioni a statuto speciale, salvaguardando in altro modo le minoranze linguistiche, il principio di solidarietà tra regioni e la garanzia di un ruolo centrale dello stato su questioni d’interesse nazionale o internazionale.
Occorre rifondare questo stato, tornare alla creazione di un serio federalismo, costruito con spirito costituente, superando lo stato attuale di protagonismo, di disfattismo collettivo e di odio reciproco tra le forze politiche, che ha caratterizzato il fallito tentativo di riforma costituzionale di Renzi e tutta questa legislatura.
Secondo me la sinistra bersaniana, ma anche quella renziana hanno le loro grosse responsabilità nel non aver raccolto l’eredità del discorso federale risalente, come dicevo, a Miglio e Cacciari e lasciato cadere dalla Lega Nord, prima con la secessione e poi con Salvini.
Ora i nodi sono venuti al pettine e occorrono coraggio ed innovazione, per evitare il peggio.