LA MEMORIA SE NON E’ INQUINATA DALL’IGNORANZA AIUTA IL PRESENTE E GARANTISCE IL FUTURO PIETRO GARDIN Pietro Gardin fu un noto industriale caeranese, che io ricordo vagamente, proprietario del Calzificio Gardenia, collocato in Via Lavaggio (oggi Via Piave), che diede lavoro a molti uomini e donne caeranesi, come risulta dalla foto seguente. Oggi tuttavia voglio ricordare Pietro Gardin per un altro motivo. Pietro Gardin e la moglie Elisabetta, nel 1943, salvarono un bambino ebreo di Bolzano, Luigi Rovighi, figlio di un loro amico, ospitandolo a Caerano e rischiando la vita. Per questo i coniugi Gardin si sono meritati la medaglia di “Giusti tra le Nazioni” consegnata alla figlia Maria Luisa il 29 maggio 2012 a Treviso. Alla cerimonia era presente anche quel bambino, del quale riporto l’intervista concessa al giornale Alto Adige il 28 marzo 2012, raccolta da Fabio Zamboni. I ricordi bolzanini di Luigi Rovighi, l’ebreo sfuggito ai nazisti. BOLZANO. Ci sarà anche lui, Luigi Rovighi, domani a Treviso alla consegna della medaglia “Giusto tra le nazioni” a Maria Luisa Gardin. Perché è lui il vero protagonista di questa storia che il nostro giornale ha raccontato ieri. Era lui il bambino ebreo di 10 anni sottratto ai nazisti che lo cercavano a Bolzano nel 1943, portato in salvo a Caerano in provincia di Treviso dai genitori di Maria Luisa. «Certo che ci sarò – ci racconta Rovighi al telefono da Bologna, dove vive da 47 anni – perché anche se non ci sono più i miei salvatori, Pietro ed Elisabetta Gardin, voglio abbracciare la loro figlia. Loro mi hanno davvero salvato la vita, nascondendomi in un furgone e portandomi in Veneto. Rischiando oltretutto la loro vita, perché strada facendo incontrammo posti di blocco ogni dieci chilometri, soldati coi mitra spianati, ai quali sfuggii perché mi presentarono come cugino dei loro figli». Per quel rischioso salvataggio i nomi dei coniugi Gardin verranno aggiunti sul monumento “Righteous honor wall” al museo Yad Vashem di Gerusalemme. Ma facciamo un passo indietro, assieme a Luigi Rovighi. Lei era a Bolzano, quando sfuggì ai nazisti? “Sono nato a Bolzano nel novembre del ’32, e ci sono vissuto per oltre trent’anni. Abitavo con la mia famiglia in Via Ospedale e frequentavo il Conservatorio, dove mi sono diplomato in violino con il famoso maestro Giannino Carpi. Mio padre Augusto era ingegnere e ha progettato diverse fabbriche bolzanine”. Che cosa ricorda della sua infanzia? “Anni sereni, a parte quel drammatico episodio della fuga in Veneto. Di Bolzano ho conservato un buon ricordo: la mia famiglia stava bene, io abitavo a due passi dalla scuola, la città ricominciava a vivere subito dopo la guerra”. I nazisti la cercavano perché, quando non riuscivano a catturare un ebreo adulto, ripiegavano sul suo primogenito. “È così. Cercavano me perché mi padre si era subito messo in salvo, scappando in Valle di Non. A salvarlo fu monsignor Bortolameotti di Trento, che ottenne la medaglia dei Giusti e che grazie a quella fu nominato monsignore. Lui era il parroco di Cloz, in Valle di Non, dove mio padre rimase nascosto nella canonica per mesi”. E lei invece si mise in salvo grazie alla famiglia Gardin. “Pietro Gardin, industriale tessile, aveva aperto una fabbrica a Bolzano e mio padre l’aveva aiutato. Sua moglie incontrò per caso mia madre che era disperata perché si aspettava una visita imminente dei nazisti e allora decise di aiutarla, portandomi subito a Caerano assieme ai suoi due figli”. E in quei mesi riuscì a tenersi in contatto con la mamma? “Avevo soltanto dieci anni, non ricordo i dettagli. È come se avessi vissuto sospeso, senza capire perché mi trovavo lontano da casa. Loro si muovevano, andavano a trovare parenti e conoscenti e io dovevo restare a casa: solo più tardi ho capito perché”. Ma come mai la storia è riemersa solo adesso? “Quando, vent’anni dopo la fine della guerra, iniziò il processo ad Eichmann, mio padre inviò una lettera di ringraziamento al signor Gardin. Da lì partì una procedura per la consegna della medaglia dei Giusti, che però si bloccò quando scoprirono che io non praticavo la religione ebraica. Tutto fermo, fino a quando, recentemente, è arrivata la comunicazione ufficiale da Gerusalemme, con il riconoscimento a Pietro ed Elisabetta Gardin”. Oggi vive a Bologna. Torna ancora a Bolzano? “Mi sono trasferito a Bologna a 33 anni: vinsi un concorso per entrare nell’orchestra del Teatro Comunale. Ho anche insegnato al Conservatorio di Bologna. Qui ho moglie e un figlio, anche lui violinista. A Bolzano ho conservato la mia casa, in Via Thuille, e ci vengo ogni tanto a trovare mio fratello. Ma non dimentico la mia città”. Riporto anche la testimonianza di Maria Luisa Gardin, sua figlia, che trascriviamo da “Caerano di San Marco – Periodico d’informazione – Anno IV – n°1 Giugno 2013, é edizioni”. Caerano celebra due nuovi “Giusti tra le nazioni” I coniugi Pietro ed Elisabetta Gardin salvarono a Caerano un bambino di fede ebraica. Pietro ed Elisabetta Gardin salvarono la vita di Luigi Rovighi, bambino ebreo che viveva a Bolzano. Per questo gesto sono stati riconosciuti “Giusti tra le Nazioni”. Nel marzo 2012 Maria Luisa Gardin, figlia dei coniugi, ha ricevuto la medaglia dello Yad Vashem a Treviso presso Palazzo Rinaldi. La vicenda riguarda Luigi Rovighi un ragazzo di fede ebraica che viveva a Bolzano, città nella quale il Gardin aveva aperto un’azienda. Il giovane venne tratto in salvo e custodito a Caerano presso i genitori di Pietro Gardin. La vicenda è stata ricostruita dalle parole di Maria Luisa Gardin: “Mio padre Pietro era un imprenditore molto intraprendente. Aveva deciso di aprire una fabbrica a Bolzano. In quel periodo c’erano delle agevolazioni e lui ha voluto approfittare dell’occasione per avviare un’impresa. Mio padre aveva aperto la fabbrica grazie al lavoro del signor Rovighi. Era un ingegnere molto in gamba e si era occupato di tutti i calcoli. Luigi era figlio dell’ingegnere. Erano gli anni della guerra, ’42-’43, e i tedeschi in quel periodo prelevavano i padri di famiglia ebrei. Se non trovavano il padre, portavano via il primo figlio. Mia madre stava passeggiando per Bolzano quando ha incontrato la madre di Luigi: era disperata, aveva paura che le portassero via il figlio. Non ha esitato e con mio padre ha detto alla signora Rovighi che avrebbero nascosto loro Luigi. Lo hanno portato a Caerano, dove vivevano i miei nonni materni e dove anche io e mio fratello ci eravamo trasferiti per scampare alla guerra. Quando Luigi è arrivato a Caerano era spaventato dato che durante il viaggio il camion dove era nascosto era stato fermato parecchie volte e aveva temuto di essere scoperto. Il padre di Maria Luisa non aveva spiegato loro niente, si era solo raccomandato di dire che quel bambino era un loro “cugino di Mussolente”. Luigi però di solito veniva tenuto nascosto in casa: mentre i due fi gli dei Gardin potevano giocare tranquillamente in giardino il piccolo Luigi si nascondeva dietro il pianoforte. Maria Luisa, ricordando la vicenda, dice: “Mi sento ancora in colpa per questo”. Nella foto in calce Pietro Gardin è quello a sinistra di Don Camillo Pasin. Foto del 1957 tratta dal sito di Gianni Desti.
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