Sono stato venti giorni nell’India del sud, dal 13 giugno al 2 luglio 2010.
Sono arrivato a Kochi in aereo, volo Emirates da Venezia con scalo a Dubai (ottimi i servizi della compagnia aerea, unico inconveniente la lunga sosta a Dubai).
Sono rimasto incantato da Fort Cochin, dai suoi imponenti alberi della pioggia, dal lungomare con le reti cinesi e le bancarelle dei pescatori, con pesci strani e colorati, che non conoscevo.
Mi è piaciuta anche Mattancherry con il suo palazzo portoghese (belli i dipinti murali hindu) ed il quartiere ebraico.
A Fort Cochin si respira un’aria alternativa, rispetto al nostro mondo, in cui il tempo, il lavoro, il denaro, i rapporti umani hanno una dimensione completamente diversa, riposante e vera. E’ sicuramente il posto più bello dell’India del sud dove mi piacerebbe vivere, molto migliore, a mio parere, della forse più famosa Pondicherry.
Affascinante la cena al locale “Dal Roti” che esprime bene l’atmosfera suggestiva e semplice del luogo. Deludente ed un po’ caro il Salt’n’Pepper in Tower Rd.
Mi ha preso molto anche il kathakali, che merita sicuramente una serata, per i trucchi coloratissimi e pazienti, le musiche, i costumi, le decorazioni sul pavimento della sala con farina di riso e le storie popolari che propone.
Sono stato poi ad Alappuzha (Aleppey) per un’escursione in barca sulle backwaters.
Per fortuna non era periodo turistico e le barche-albergo galleggianti erano tutte ferme, così mi sono goduto le splendide lagune e le scene primitive di vita dei piccoli villaggi ed abitazioni che le animano nella più assoluta armonia.
In Kerala siamo rimasti quattro giorni e, pur essendo tempo di monsoni, abbiamo avuto pioggia solo per un giorno e mezzo. Neanche male.
Da Alappuzha siamo saliti verso il Peryar sui Ghati occidentali, dove ci siamo immersi in una natura rigogliosa ed esplosiva, ricca di foreste di teck, di piantagioni di caucciù, di caffè, di spezie e soprattutto di tè, con le loro straordinarie geometrie verdi.
Tutti i restanti giorni li abbiamo dedicati a visitare il Tamil Nadu, con un clima caldo umido, ma praticamente senza pioggia. Abbiamo visto tutti i principali templi hindu, con una full immersion nella loro architettura e cultura religiosa, che ci ha lasciato ammirati ed infine anche sazi.
Eravamo in quattro ed abbiamo viaggiato con un pullmino da dieci posti, con autista e guida indiana che parlava italiano. Una scelta forse costosa, ma felice, che ci ha permesso di conoscere profondamente il paese visitato, la sua gente, i suoi costumi.
Guida ed autista avevano capito in fretta quello che ci interessava e quasi sempre erano loro ad indicarmi foto da fare, a cogliere particolari o situazioni di cui non mi ero accorto, a scoprire che in un paese c’era una festa popolare, una bottega artigianale di piastrelle o di colorazione del cotone, un matrimonio hindu ecc. E’ sicuramente il modo migliore per visitare l’India, soprattutto se non si conosce l’inglese, com’era il nostro caso.
La guida ci ha assicurato un viaggio esauriente, sicuro e confortevole, in hotel anche troppo lussuosi, alcuni splendidi come lo Brunton Boatyard a Fort Cochin, il Punnamda sulle Backwaters ad Aleppey, lo Spice Village nel Periyar, l’Heritance a Madurai, il Visalam di Karaikudi nel Chettinad, l’Ideal River a Tanjore, la Maison Perumal a Pondicherry, lo Sparsa a Tiruvanamali ed il Templebay a Mahabalipuram.
Abbiamo anche mangiato, grazie a lui, in un ristorante famiglia, nel Chettinad, ed in altri locali popolari ed autentici, sulle foglie di banano, spendendo perfino 6 euro in quattro
Del Tamil Nadu mi hanno colpito particolarmente, più che Pondicherry o Chennay, la zona di Ramenshwaram, con la magica punta sabbiosa di fronte allo Sri Lanka, che separa l’oceano indiano dal Golfo del Bengala ed il contiguo villaggio di pescatori. Oppure la zona del Chettinad, con le case signorili dei geniali mercanti chettiars che mescolano e forse anticipano molti degli stili architettonici dell’Europa dei primi anni del novecento.
L’ultima tappa è stata a Chennai, da dove siamo ripartiti, una città come tutte le altre del mondo. Unica nota lieta ed un suggerimento: l’atmosfera straordinaria e riposante dell’ Amethist Cafè.
L’intero viaggio ci è costato 3.000 euro a persona: aereo, pullmino con autista e guida, pernottamenti con prima colazione. Neanche troppi, forse perché eravamo fuori stagione turistica, circostanza che ha reso anche più interessante e tranquillo il viaggio e le visite ai monumenti e luoghi religiosi.
Dell’India mi hanno impressionato soprattutto i colori (i sari femminili, i mercati di frutta e verdura, quelli dei fiori), i profumi delle spezie ed anche i sapori dei cibi, anche se molto piccanti. Mi ha colpito la sintonia straordinaria che hanno questi indiani con la terra e la ricchissima natura, evidenziata anche dal loro rapporto con gli animali e dal loro camminare a piedi nudi, almeno nei villaggi di queste zone ancora profondamente contadine. Un’altra cosa che non può lasciarti indifferente è la loro grande religiosità, una religione orizzontale, senza gerarchie ed organizzazione piramidale, senza dogmi o curie vaticane. Certo non indenne da strumentalizzazioni e profittatori e profondamente ancorata ad antiche tradizioni, che forse sono destinate ad essere presto superate, ma anche estremamente tollerante nella convivenza con mussulmani e cattolici.
Mi hanno colpito le moltissime scuole e le scolaresche di bambini o ragazzi scalzi, ma ordinatissimi nelle loro divise colorate, tra cui le ragazze con i loro ornamenti di gelsomino profumatissimo sulle trecce nere.
Un’ultima cosa. Io ho avuto l’impressione, forse sbagliata, che in queste zone del profondo sud agricolo dell’India la miseria sia più apparente che reale, che abbiano di tutto sul piano alimentare, frutta e verdura di ogni tipo, moltissime risaie ecc. e che nessuno o quasi soffra la fame, che amino vestirsi in quel modo, seminudi, come gli uomini con i loro dhoti , o vivere in abitazioni spesso miste di capanne e case fatiscenti, per abitudine, per una comodità o semplicità a noi ignota, con grande dignità
Penso addirittura che pure lo spettacolo per noi indecente delle immondizie sparse ovunque, nasconda in realtà un rapporto ed una specie di fiducia nella forza assorbente e rigeneratrice della terra e della natura, che forse è un’illusione destinata prima o poi a sparire anche in questo meraviglioso paese.
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