Questo era il titolo di una copertina di Lengualonga risalente ai primi anni ’80.
Dopo 40 anni questa villa non ha finito di “tormentare” i caeranesi. Adesso è chiusa per motivi di sicurezza che si scoprono, incredibilmente, dopo 40 anni! Non si sa se la responsabilità di qualche mancato intervento o di qualche mancato certificato sia del Comune, proprietario dell’alloggio, o della Fondazione che ce l’ha in uso.
Questo si aggiunge alle recenti dimissioni della Presidente del Comitato di gestione.
Nel 1980 si era discusso molto su come gestire la villa, se attraverso una Fondazione o attraverso le associazioni culturali e sociali caeranesi. Fu deciso per la prima ipotesi. Successivamente fu un susseguirsi di gestioni quinquennali di parte, sempre criticate, a volte per le poche iniziative messe in cantiere, a volte per lo scarso coinvolgimento della cittadinanza, a volte per delle proposte troppo elitarie, a volte per altri motivi. Ci fu anche chi propose di venderla.
Lo statuto della Fondazione, a 40 anni di distanza, ha sicuramente mostrato i suoi limiti e la villa è stata gestita da due o tre persone, meritevoli per l’impegno, ma non sostenute da un corpo sociale vero e motivato. Anche perché non si è quasi mai fatto ricorso ai soci cooptati ed a quelli aggregati, previsti dallo statuto. Un Comitato di gestione che viene rinnovato ogni cinque anni, sempre di parte partitica, al cambio di ogni amministrazione comunale, non può inoltre garantire quella continuità di programmazione che sarebbe necessaria.
Dovrebbe essere formato dalle persone culturalmente migliori del paese, non essere soggetto alle alchimie politiche e durare in carica almeno 10 anni.
La gestione e manutenzione della villa e della Fondazione costa e malgrado i contributi comunali, che non sono mai mancati, le attività culturali hanno bisogno di molte risorse finanziarie, oltre che umane, tanto più che non sono produttive e non creano consenso elettorale.
Secondo me bisognerebbe puntare con coraggio ad una nuova fase che potrebbe comprendere:
– Un’applicazione dello statuto che preveda l’ingresso di soci cooptati (penso ad esempio ai presidenti di tutte le associazioni culturali, sociali e turistiche del paese) ed aggregati che possano contribuire alla gestione, i primi con risorse umane, i secondi (aziende locali che possano avere ritorni di immagine o fiscali o altro) anche da un punto di vista economico.
– Se serve, una revisione dello statuto che preveda ad esempio la figura del direttore artistico.
– Arrivare ad un’apertura continua della villa attraverso la presenza di un’attività privata che potrebbe essere un caffè letterario, cioè un luogo dove è possibile leggere un libro (magari anche comprarlo) e consumare un caffè, una bibita, una cioccolata, un the, un aperitivo, ascoltare della musica, assistere ad eventi musicali, a conferenze, a presentazione di libri, a mostre, o anche organizzare concorsi o altre iniziative artistiche in collaborazione con la Fondazione.
– Portare a Villa Benzi non la biblioteca, che sta bene in centro, ma tutti gli archivi e la documentazione storico-fotografica che esiste in biblioteca o che si può continuare a raccogliere in paese, prima che vada definitivamente persa. A questo proposito è stata persa in passato, a causa di beghe tra Fondazione e amministrazione comunale l’occasione di avere a Caerano il prezioso archivio di Maffioli, a cui tra l’altro è intitolato il teatro.
– Assegnare alla fondazione la gestione e gli introiti di eventuali cerimonie matrimoniali o di altro tipo
– Assegnare alle associazioni del paese una stanza attrezzata con strumenti utili alle loro iniziative: PC, stampanti, fotocopiatrice, scanner ed altro utili alle loro attività sociali, in cambio di collaborazioni varie e di contributi finanziari destinati a pagare le spese di materiali e manutenzione.
– Altre idee che potrebbero scaturire da un dibattito pubblico con le parti politiche, le associazioni del paese e la popolazione.
Per chi volesse approfondire la questione Villa Benzi dovrebbero essere a disposizione in Comune o in Fondazione le delibere costitutive della Fondazione, l’atto di assegnazione in comodato d’uso, lo statuto, le linee di indirizzo dell’amministrazione, le relazioni sulle vicende e le attività culturali svolte in questi 40 anni.