A dicembre arrivavano finalmente le sospirate e lunghe vacanze di Natale e Capodanno.
A quei tempi si respirava un’aria molto diversa da quella sprecona e commerciale che si respira ora, il sentimento religioso era più vero ed autentico e non si era presi e distratti, soprattutto, dai regali di Gesù Bambino.
Ci si accontentava di un pranzo diverso, succulento, del panettone rituale e, almeno a casa mia, del durissimo mandorlato bianco della ditta Granzotto di Cologna Veneta, che i rappresentanti di stoffe, fornitori del negozio di mio nonno, donavano ai miei, in quelle splendide scatole di latta bianche e blu, che non ho mai dimenticato.
Ancora oggi lo compero sempre, per il pranzo di Natale, anche se ormai devo mangiarlo con grande attenzione, per non demolire definitivamente i miei vecchi e logori denti.
Una volta erano importanti sia il presepio che l’albero di Natale.
A casa mia si facevano entrambi e nessuno allora li metteva in contrapposizione, come succede oggi, per assurde strumentalizzazioni politiche.
Era bello fare il presepio: raccogliere il muschio (lopa) nei prati, tracciare le stradine con i sassolini bianchi, creare qualche laghetto con gli specchi, qualche ruscello con la carta argentata, costruire la grotta con le pietre più grandi o con qualche tronco, collocare sullo sfondo un foglio di carta blu, stellata, ad immaginare il cielo, sistemare le statuine, che crescevano di numero ogni anno, ed infine posizionare il Bambinello nella culla e la stella cometa sopra la capanna.
Era altrettanto bello decorare l’albero di Natale: maneggiare delicatamente e collocare, distribuendoli equamente tra i rami, i fragilissimi e sfavillanti addobbi di vetro colorato, con la forma prevalente di pallina, ma anche di candela, di luna, di sole, di stella, di animale, ecc.
Sbucavano tra i fili argentati che facevamo scendere dall’alto, come le piccole lucette colorate, intermittenti, che partivano dalla filante punta, sempre di sottilissimo vetro, che non stava mai diritta.
Successivamente apparvero anche i pendagli di cioccolato, di diverse forme, vuoti all’interno e rivestiti di carta colorata, molto graditi perché si potevano staccare e mangiare uno dopo l’altro.
L’ultimo giorno dell’anno gli adulti ci sembravano tutti impazziti ed anche noi partecipavamo di riflesso all’attesa della fatidica mezzanotte, senza convinzione e pieni di sonno, aspettando il Capodanno per le mance rituali, che ci interessavano molto più della festa notturna.
Queste erano le nostre o le mie feste più sentite.
Erano tutte esperienze di vita semplice e di relazioni naturali e spontanee che l’età, il ricordo ed il confronto con le distorsioni odierne nei rapporti umani e con le moderne e tecnologiche abitudini ludiche dei nostri bambini rendono ancora più affascinanti e nostalgiche.