Marisa era figlia di Giuseppe Michieli (Bepi dea Posta) e della maestra Silvia Tessari, che avevano avuto cinque figli: un solo maschio, Giulio, e quattro femmine.Tra queste Marisa, insegnante di scuola media, poi preside, ma anche moglie di Andrea Zanzotto, uno dei più grandi poeti italiani del Novecento, straordinario evocatore del paesaggio della pedemontana veneta e delle nostre tradizioni autentiche, ma molto critico nei confronti della nuova “cultura” e politica leghista.In un’intervista ad Emanuela Da Ros di Treviso Oggi, Marisa Michieli racconta: “Mi sono sposata nel luglio del 1959. E il 3 novembre dello stesso anno mi sono laureata. Quando sono tornata al mio paese, Caerano San Marco, sono stata accolta con la banda e con una grande festa organizzata in mio onore a Villa Benzi: ero la prima donna del paese cinta di laurea dottorale. E Andrea, mio marito da qualche mese, e già piuttosto noto, era al mio fianco.Andrea – continua Marisa – mi aveva visto in una foto di classe. Poi mi aveva incontrato a Pieve di Soligo, quando frequentavo la prima o la seconda liceo classico.E si era fatto avanti. Ero una ragazzina, passavo le giornate tra scuola e collegio. Insomma non avevo ancora visto il mondo e quest’uomo, più vecchio di me di 15 anni, così severo nell’aspetto… indossava sempre un gessato doppio-petto… mi propone di accasarmi. Non me la sono proprio sentita di ascoltarlo, ho detto no”.“Ma poi – prosegue – ho capitolato… non so ancora cosa mi abbia spinto a cedere, alla fine. Ho conosciuto meglio Andrea. E il suo mondo. È stata importante una vacanza a Bressanone dove ero andata a sostenere un esame nella sessione estiva. Lì mi sono trovata a passare del tempo con Andrea, Diego Valeri, la Ninì (una delle figlie del grande poeta veneto) e altri intellettuali. Mi sono trovata a mio agio in un circolo di professori che per la prima volta vedevo fuori dalle aule accademiche”.Marisa Michieli, che ho conosciuto anche come Commissario d’esame di licenza media quando insegnavo, è un po’ il tramite che mi lega ad Andrea Zanzotto, che ho incontrato solo una volta, ma che ho ascoltato in diverse occasioni, in televisione, e del quale sono un ammirato lettore.Per questo mi piace riportare alcuni suoi versi, che riassumono e fanno capire bene, a mio parere, la sua ispirazione ed il suo mondo poetico.
Dalla raccolta Idioma, del 1986:
– Cussi inocà col cór son restà là
a la finestrela cèa …
E svodà pian pianin la se ’véa
e in éla altro che stele no ghe nèra
e ’l libret de le none e dei só tènp se ’véa serà.
«Ma, voi, benedisè
ancora ’na òlta ’l vostro nevodet,
parché ades che l’é ’n òn, debòto consumà,
par voaltre ’l mantegne quel che, tosatèl, l’à loda». –
Traduzione
– Così ammaliato, con il cuore sono rimasto là
alla piccola finestra …
E la si vedeva svuotarsi pian piano,
e in essa non c’erano che stelle,
e il libretto delle nonne e dei loro tempi si era chiuso.
“Ma, voi, benedite
una volta ancora il vostro nipotino
perché adesso che è un uomo, quasi consunto,
per voi mantenga quanto, bambino, ha lodato”. –
Da IX Ecloghe, 1962 – Nautica celeste:
Vorrei renderti visita
nei tuoi regni longinqui
o tu che sempre
fida ritorni alla mia stanza
dai cieli, luna,
e siccom’io, sai splendere
unicamente dell’altrui speranza.