Recentemente, in primavera 2017, sono stato in Israele e da un punto di vista socio-politico ho potuto verificare in loco una situazione drammatica e complicata, per non dire irrisolvibile.
Premesso che occorre distinguere tra popolo ebraico, vittima della shoah, e stato di Israele, credo sia evidente a tutti che i governi di Israele, in questi anni, se ne sono fregati delle risoluzioni dell’ONU e non hanno certo lavorato seriamente per la pace. Non sono mancate, d’altra parte, le responsabilità e le incoerenze di alcuni stati arabi e dei movimenti o partiti palestinesi.
Il territorio in questione, chiamato in tempi diversi Terre di Canaan, Terra Promessa, Israele e Palestina, si divide oggi in stato di Israele ad ovest, Cisgiordania ad est e striscia di Gaza a sud-ovest. In Israele ci sono in gran parte città e villaggi israeliani, ma anche città e villaggi arabi, abitati da arabi mussulmani (in maggioranza) e da arabi cristiani: cattolici, ortodossi o menchiti (di rito ortodosso ma di obbedienza romana). Gli arabi lavorano in genere per gli ebrei ed i rapporti sono quasi esclusivamente di lavoro. Hanno comunque passaporto israeliano e sono a tutti gli effetti cittadini israeliani. Fin qui tutto bene.
In Cisgiordania, invece, ci sono città e villaggi di arabi palestinesi, abitati da mussulmani e cristiani (pochi), ma ci sono anche molte colonie israeliane, in continua ed abusiva espansione, circondate da filo spinato e presidiate militarmente, una vera e propria invasione. La più grande, vicina a Gerusalemme, conta più di 100.000 abitanti. I palestinesi hanno un passaporto controllato dagli israeliani che tuttavia non permette loro di recarsi dove vogliono. Un vergognoso muro o rete (dove non ci sono insediamenti) di 730 km separa Israele dalla Cisgiordania. Checkpoint israeliani controllano tutte le uscite e se un palestinese vuole andare a Gaza e viceversa deve passare per Egitto e Giordania. Se un arabo abita a Gerusalemme e vuole recarsi a Ramallah, “capitale” attuale del territorio palestinese deve fare una strada più lunga di un’ora per non passare dal territorio israeliano. Per salire alla Spianata del Tempio, luogo sacro per i mussulmani, occorre passare attraverso i posti di blocco israeliani.
I palestinesi non possono recarsi all’aereoporto Ben Gurion di Tel Aviv e per andare all’estero devono passare per la Giordania e non possono andare sul Mar Morto, in territorio di Cisgiordania, se non nelle stazioni balneari controllate dagli israeliani. Molti terreni lungo il Mar Morto, coltivati a datteri, sono stati requisiti dagli israeliani. L’acqua è controllata dagli israeliani che la razionano a loro discrezione, in tutta la Cisgiordania. Una situazione di autonomia puramente formale e di libertà vigilata incomprensibile.
Le prospettive di risolvere questa situazione sono praticamente zero, per questi motivi:
- Gli israeliani non rispettano i confini ed hanno costruito in Cisgiordania un sacco di colonie
- Gli ebrei aspettano il messia e credono che arriverà solo dopo che avranno ricostruito il tempio sulla spianata delle moschee, avranno ripristinato il sacerdozio e i sacrifici. Ma la spianata è oggi un luogo sacro per i mussulmani e ci sono due moschee, una delle quali è la terza di importanza dopo La Mecca e Medina.
- Israele non permette ai profughi palestinesi che si trovano in Libano o in Giordania di rientrare in Cisgiordania
- Gerusalemme è città sacra per le 3 religione monoteiste: gli ebrei per il Tempio, di cui resta solo il Muro del Pianto (che è solo un vecchio muro di contenimento dell’antica costruzione distrutta dai romani), i cristiani per i luoghi sacri di Gesù e i mussulmani perché dalla spianata del tempio Maometto sarebbe asceso al cielo su un cavallo bianco. Per questo il Vaticano aveva proposto di renderla città “franca”, capitale di tutti e di nessuno, nel rispetto reciproco, ma Israele si oppone.
In questa situazione arriva il signor Trump, che propone in pratica di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Ma questo si rende conto di dove vive?
Poi non lamentiamoci se continuiamo a “provocare” i mussulmani e ci troveremo con altre Intifada, Al Qaeda, Isis ed atti terroristici nelle nostre città europee.
Va bene essere amici ed alleati degli americani, ma questo non significa essere dei lacchè di un personaggio come l’attuale loro presidente.
Italia ed Europa, se ci siete, battete qualche colpo!