Opinioni Caeranesi

Mauro Marconato

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Il fallimento della sinistra 

Premetto che considero Matteo Renzi un toscanaccio svelto di parola, in parte antipatico, sicuramente sbruffoncello ed abbastanza presuntuoso. Tuttavia è diventato segretario del PD democraticamente e capo del governo rispettando lo statuto del partito e ne ha rinnovato, almeno in parte, la classe dirigente, con tutti i rischi del caso (impreparazione, inesperienza ecc. ma anche entusiasmo e voglia di fare, rispetto ai tempi spesso estenuanti della vecchia politica).
Renzi appare oggi aver consumato gran parte degli entusiasmi e della fiducia che lo aveva proiettato oltre il 40% dei consensi, stritolato dagli errori commessi e da un sistema politico-mediatico invadente ed onnipresente che sembra avere in Italia non tanto lo scopo di incalzare i governi a fare bene e a tirare le somme alla fine delle legislature quanto piuttosto quello di farli cadere prima dei 5 anni canonici, un po’ come accadeva nella prima Repubblica.
Dopo anni di antiberlusconismo, che ha fatto male alla sinistra quanto alla destra, ma soprattutto al paese, ora siamo caduti nell’antirenzismo, con un’acredine ed una volgarità sempre peggiori, alimentate dai social dove si fa spesso a gara a chi si spinge più in la, oltre ogni decenza. La politica è caduta sempre più in basso e dopo Bossi, Berlusconi, Borghezio, Sgarbi ecc. ora dobbiamo sorbirci Salvini, Grillo e altri, senza più rispetto reciproco e dei diversi ruoli politici ed istituzionali.
La gente, aizzata dagli infiniti ed ormai nauseanti talk show, si è sempre più allontanata dalla politica, che ovviamente ne ha messo molto del suo, sia destra che sinistra, ed ormai si affida a qualsiasi imbonitore o addirittura comico che si presenti oppure appaia come qualcosa di nuovo o di “onesto”, magari pompato da qualche giornalista o da qualche giornale “sempre contro” ed a caccia di nuovi lettori (vedi Travaglio ed il Fatto quotidiano).
L’ accanimento contro Renzi adesso lo esercita la destra, e la cosa non sorprende. Quello che sorprende è l’atteggiamento della sinistra del PD, una sinistra in gran parte erede del vecchio PCI, costretta per la prima volta da Renzi a non essere maggioranza ed egemone dentro il partito.
E’ una sinistra alla quale non va bene nessuna riforma che non sia la sua, nella migliore tradizione di una certa sinistra italiana, sempre pronta a frantumarsi ed a dividersi in nome della purezza ideologica o del cambiamento diverso ed inferiore alle sue aspettative. Peccato che spesso le riforme, per passare in parlamento, debbano essere frutto di mediazione all’interno degli stessi partiti e delle coalizioni e quindi necessariamente frutto di infinite mediazioni.
Di conseguenza, secondo me, le riforme non vanno valutate per un irragiungibile assetto ideale e condiviso, ma per quanto riescono a cambiare in meglio rispetto alla situazione precedente.
A mio parere l’antipatico Renzi di cose ne ha fatte parecchie. Intanto è riuscito a portare il PD dentro il socialismo europeo, cosa non riuscita ai suoi predecessori. Poi ha fatto diverse riforme, tutte discusse nel partito, cambiate, mediate con gli alleati e poi in parlamento, quasi sempre con ulteriori modifiche, salvo i casi di ostruzionismo con milioni di emendamenti.
Non intendo qui elencarle tutte, ma basta andare nel sito “governo.it” e scaricare il file “30 mesi di governo Renzi” per vedere le slide dei dati macroeconomici e le riforme fatte. Sicuramente potevano essere più numerose e migliori e l’Italia ha ancora tanta strada da fare, per allinearsi ai più avanzati paesi europei, ma credo che molte di esse abbiano prodotto comunque dei risultati, almeno quelli possibili in questo contesto economico europeo e mondiale e con un governo di coalizione abbastanza precaria e sempre a rischio in Senato.