Opinioni Caeranesi

Mauro Marconato

Opinioni Caeranesi

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Ciò che dobbiamo imparare a fare lo impariamo facendo

Non è che siamo degli inguaribili provinciali?

Sparita a Villa Benzi l’opera di Costas Varotsos, quella “misteriosa” linea di vetro che tagliava il parco di Villa Benzi e che ora giace, spezzata in tanti tronconi, nei magazzini comunali.

Collocata alcuni decenni fa, in occasione di una mostra di diversi artisti italiani e stranieri, reduci dalla Biennale di Venezia, era stata donata alla Fondazione dall’autore, che aveva preteso solo i costi dei materiali e della posa in opera: oltre 550 lastre di cristallo temperato (12.240.000 lire), più manodopera (6.000.000 di lire).
Sindaco era Campagnolo e Presidente della Fondazione Mirko Sernagiotto.
Non essendo stata chiesta all’epoca apposita autorizzazione e per le ottuse regole della Sovrintendenza che, in un paese come l’Italia, dove succede di tutto, non permette che il parco di una Villa Veneta possa ospitare qualcosa che ne alteri l’aspetto originario (sarebbe quanto meno opportuno decidere caso per caso!), l’opera era a tutti gli effetti abusiva.
Ma per alcuni lustri, non so se coscientemente oppure no, si è fatto finta di niente. All’inizio di questa amministrazione Laura Tessaro, Simone Botti ed io abbiamo cercato di risolvere il problema dell’abuso e dello stato dell’opera, che era scivolata in parte dal suo ancoraggio e che si era deteriorata in alcuni punti, creando qualche preoccupazione anche relativamente alla sicurezza di eventuali frequentatori dell’area. Prima di tutto abbiamo sentito l’artista, con lettera della sindaco. Varotsos, informato dello stato dell’opera, rispose di essere rimasto desolato. Inoltre, un po’ piccato per il tono della missiva, ricordava che la sua creazione artistica è “protetta dalla legge europea ed internazionale per le opere pubbliche e nessuno poteva toccarla senza il suo consenso”. Aggiunse che, se la si voleva eliminare, andava smontata e rispedita all’artista stesso nelle condizioni originarie!
Abbiamo sentito allora sia la referente dell’artista in Italia, la dott.ssa Ciampi, che il Sovrintendente del Veneto, per trovare una soluzione. Il Comune centrava poco, essendo la Fondazione un ente autonomo, ma ci sembrava giusto non lasciare i suoi attuali responsabili in bilico tra i problemi di sicurezza del parco ed il carattere abusivo dell’opera. Poi io e Laura abbiamo abbandonato la giunta, anche per i contrasti intervenuti sulla gestione di questa specifica problematica.
Ora vengo a conoscenza che l’opera, invece di essere rimessa a posto, magari spostandola in zona marginale, come sembrava fosse possibile e come aveva suggerito la stessa Sovrintendenza, con lettera del 26 maggio 2016, è stata semplicemente spazzata via.
Rappresentava una sorta di “segno nella natura”, senza titolo, ed era opera, come riferito all’inizio, dell’artista greco Costas Varotsos.

Chi è costui?
Costas Varotsos nasce nel 1955 ad Atene, dove vive e lavora. Nel 1976 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma e nel 1978 si laurea in Architettura all’Università degli Studi di Pescara. Nel 1990-1991 ha ottenuto la Borsa di Studio Fulbright. Nel 1999 è stato nominato Professore presso l’Aristotle University di Thessaloniki, dove ad oggi ha la cattedra di Architettura. Nel 1982 rientra in Grecia dove realizza i primi lavori di livello internazionale: Il Poeta del 1983 e Il Corridore del 1988.
Nel 1987 ha rappresentato la Grecia alla Biennale di San Paolo e, nel 1999, alla Biennale di Venezia. Ha quindi partecipato alla Biennale di Venezia per il Padiglione Italiano nel 1993, nel 1995 ad Arte Laguna e alla Biennale Internazionale di Los Angeles nel 1999.
Nel 2004 ha ricevuto la Distinzione Onorifica di Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana dal Presidente della Repubblica.
Ha presentato i suoi lavori in numerose mostre nazionali e internazionali e realizzato importanti opere pubbliche per Grecia, Cipro, Italia, Stati Uniti e Svizzera. Tra le più recenti, nel 2012 L’Approdo, Opera all’Umanità Migrante ad Otranto, che sono andato a vedere personalmente e che è stata costruita sullo scafo della famosa imbarcazione dove, agli albori del flusso migratorio verso l’Italia, sono morti moltissimi albanesi. Un opera di grande valore almeno simbolico ed umanitario, se non artistico.

Un’altra sua opera, sul suolo italiano, Orizzonte Due, risale al 2016 ed è stata esposta nell’ambito della rassegna espositiva “L’Albero della cuccagna. Nutrimenti dell’arte” a cura di Achille Bonito Oliva, presso l’Università degli Studi di Salerno.
Nel 2014 ha preso parte ad Icastica, Arezzo e nel 2016 ad Arte alle Corti, Torino.
Varotsos predilige le grandi dimensioni e le sue opere testimoniano una riflessione su temi essenziali della vita e dell’uomo, quali l’energia, lo spazio, il tempo e la natura, in realizzazioni che uniscono monumentalità e profondità poetica.
Ha avuto un lungo elenco di premi ed onorificenze che si possono facilmente verificare in Internet.
E noi a Caerano cosa facciamo? Lo depenniamo.
Si potrebbe discutere all’infinito sul valore artistico delle sue opere, ma resta il fatto che hanno carattere e valenza internazionale, per cui mi sembra che questa operazione dal sapore “iconoclasta” sappia proprio di provincialismo.